Il 5 maggio del 1945, a pochi giorni dall’inizio dell’occupazione della città di Trieste da parte dei partigiani del maresciallo Josip “Tito” Broz, alcuni giovani triestini si erano organizzati per manifestare contro l’occupatore distribuendo dei volantini con lo scopo di catturare l’attenzione del generale americano Mark W. Clarke il quale in quei giorni alloggiava presso l’allora Hotel de la Ville, (l’edificio tra il Palazzo Carciotti e la Chiesa greco-ortodossa di San Nicolò) sulle Rive. L’intenzione dei ragazzi era quella di far comprendere agli USA che Trieste voleva essere italiana. Mentre percorrevano l’attuale Corso Italia, giunti all’incrocio con l’attuale Via Imbriani, si trovarono davanti una ronda di titini i quali aprirono il fuoco contro di loro uccidendoli a raffiche di mitra. La versione costruita ad hoc per motivare la strage fu quella di “scongiurare il rischio di un rigurgito fascista”. Giovanna Drassich, Claudio Burla, Carlo Murra, Graziano Novelli e Mirano Sancin, furono solo le prime vittime acclarate di quei 40 giorni di occupazione jugoslava. Questa mattina, alla presenza delle autorità politiche, in presso la lapide affissa al civico 2 in loro memoria, sono state deposte due corone d’alloro in segno di tributo.
“Questa lapide – ha dichiarato l’Onorevole Nicole Matteoni, deputata triestina di Fratelli d’Italia, ricorda con la sua presenza a tutti i cittadini di Trieste, non solo le vittime di quel giorno, ma tutti gli scomparsi ed i perseguitati dei 40 giorni da incubo di occupazione titina. Alla fine della seconda Guerra Mondiale, mentre l’Italia ritrovava la libertà, a Trieste ed in Istria si è vissuta l’angoscia di una tragedia terribile. In quei giorni sono spariti senza ritorno circa 4000 cittadini colpevoli solo di sentirsi e voler essere Italiani. Il 5 maggio – ha ricordato Matteoni – la guerra non si era ancora allontanata da Trieste, a pochi chilometri si combatteva ancora, ed in questo clima di incertezza maturarono i “fatti del 5 maggio “, in una combinazione di episodi, casualità e coincidenze, come sempre succede nei momenti più drammatici del caos, ciò che è certo queste vittime, insignite della medaglia al valor civile, sono dei martiri che da italiani, volevano dar voce ai propri sentimenti nazionali dì patrioti”. Per questo vanno ricordati e celebrati, se oggi Trieste è italiana, lo dobbiamo a gente come questa, che per amor di Patria, si è sacrificata con la propria vita” – ha concluso Matteoni.
di Gabriele Turco