“La campagna sugli stereotipi di genere, nata nel 2018 dalla commissione Pari Opportunità comunale, un’iniziativa lodevole che ha valenti partner e che è stata realizzata nonostante il periodo della pandemia, in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi e la commissione Peri Opportunità regionale – ha spiegato l’assessore Matteoni – quest’anno veicola tre messaggi importanti, sulla violenza di genere, la disparità salariale e l’indipendenza economica femminile. La campagna, che si riferirà in particolare agli stereotipi di genere nell’emergenza sanitaria, per sensibilizzare gran parte della cittadinanza e far riflettere su questi temi prevede l’affissione di cartelloni su 10 autobus per un mese”.”In questo periodo post-pandemico – ha aggiunto Matteoni – le difficili situazioni di violenza e di disparità vissute dalle donne potranno acuirsi perciò sarà sempre più necessario andare incontro alle loro esigenze nel tessuto sociale. Proseguiremo pertanto con la stessa determinazione a portare avanti questo progetto anche nei prossimi anni”. Carboni e Bagatin hanno posto l’accento sul’importanza della presenza degli uomini all’interno delle commissioni pari opportunità per dare un contributo significativo nell’ambito delle varie situazioni di disparità e violenza che subiscono le donne.
“A ridosso della data significativa dell’8 marzo, che celebra la richiesta di parità di diritti e di lavoro, la campagna vuole mettere in evidenza quanto questi anni di pandemia abbiano pesato sulle donne, sulla loro occupazione, sul loro reddito, sul loro stato di salute e sulla loro incolumità – ha affermato Federica Parri – Per quanto riguarda la violenza di genere (dati del ministero dell’interno) i numeri dei femminicidi non sono cambiati di molto negli ultimi 3 anni. Nel 2019 sono state uccise 111 donne, nel 2020 sono state uccise 116 e nel 2021 sono state uccise 109 donne.
E’ stato riportato che nei 2/3 dei casi le donne vengono uccise dal partner/ex partner. La disparità del fenomeno nel 2021: le donne uccise in ambito familiare/affettivo per mano del partner o l’ex partner sono l’89%, mentre l’11% sono uomini. La percentuale di donne italiane uccise da connazionali raggiunge il 97%, mentre le donne straniere sono state uccise, nella totalità dei casi, da stranieri. Durante il lock down c’è stata una flessione degli omicidi in generale del 6% ma un aumento degli femminicidi in ambito familiare del 7%, quindi un aumento c’è stato ma è stato rilevabile solo attraverso un’attenta lettura dei dati. Il numero delle chiamate al 1522, sia telefoniche sia via chat, è continuato ad aumentare nei primi 6 mesi del 2021. Il confronto tra i dati dei rispettivi periodi evidenzia quanto il periodo del lockdown sia stato particolarmente difficile per le donne vittime di violenza domestica, il non poter chiedere aiuto vivendo una condizione di permanenza continuativa entro le mura domestiche ha esasperato molte situazioni. Guardando, invece, alle diverse tipologie di violenza segnalate al numero verde, emerge che quella psicologica è la più frequente. Rispetto invece la disparità salariale, la ricerca della Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, in collaborazione con Didael KTS attraverso un’indagine condotta dall’Istituto di ricerca Elma Research svolta su un campione di 609 donne con un’età media di 39 anni, distribuito equamente su tutto il territorio nazionale rivela che sei donne su 10, a causa dell’emergenza sanitaria, hanno subito una riorganizzazione strutturale prolungata della propria attività lavorativa. Il Covid-19 ha avuto un forte impatto sul mondo del lavoro femminile in termini di smart working (32 %), riduzione orario lavorativo (19 %), cassa integrazione (16 %), sospensione dell’attività (14%) e passaggio al part-time (10 %). Anche se solo il 5 % delle donne intervistate è rimasto senza lavoro, sono le più giovani e quelle che vivono al Sud Italia ad essere state maggiormente colpite, insieme a coloro che non erano tutelate da un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Circa il 40 % delle intervistate riferisce di aver avuto problemi economici importanti, tra cui le lavoratrici con contratti meno tutelanti, le donne che hanno perso o cambiato lavoro e quelle che hanno avuto riduzioni o sospensioni degli impieghi. Sono proprio queste lavoratrici che hanno sentito maggiormente un impatto negativo sulla vita professionale, tant’è che circa il 30% ritiene che la propria condizione lavorativa sia peggiorata. In questo campione il 76% delle donne ha messo da parte la propria salute rinunciando a screening preventivi e a visite di controllo, l’85% ha sofferto di almeno un disturbo psichico prolungato dopo l’emergenza e il 39% ha avuto difficoltà economiche. Il tasso di occupazione femminile ha raggiunto la soglia del 49%, minimo storico che non si toccava dal 2013 (nel 2020 eravamo al 66,7%). Inoltre, si è allargata la forbice tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile (18,2 punti in meno). Le donne sono quelle che hanno i contratti più precari quindi molte sono state a casa e non hanno potuto usufruire della cassa integrazione. Nei settori più colpiti, come il commercio, la sanità e i servizi la maggiore forza lavoro è femminile. (Bilancio di genere 2021 a cura del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato). Altro tema importante, che è esploso, è quello della conciliazione, il tema della cura, i bambini piccoli in età prescolare costretti a stare a casa, ma anche i bambini più grandi che dovevano essere seguiti durante la dad o la cura degli anziani e delle persone fragili che non hanno potuto avere un’assistenza specialistica e sono stati gestiti interamente dalle famiglie, spesso dalle donne. I dati riportano che i permessi di assistenza per i bambini dagli 0 ai 4 anni sono stati richiesta per il 79% dalle mamme. Gli studi italiani sulla famiglia hanno evidenziato che sia che la donna fosse in smart working e il marito no, sia che fossero entrambi in smartworking, sia che l’uomo fosse in smart working e la donna no, nella maggior parte dei casi il lavoro di cura è ricaduto sulle donne. Spesso lo smartworking è stato concesso con un sotto testo: “mentre lavori dai un occhio ai bambini” ma il lavoro ed il lavoro di cura sono cose serie e non si possono fare contemporaneamente. I dati riportano che i permessi di assistenza per i bambini dagli 0 ai 4 anni sono stati richiesta per il 79% dalle mamme. ll tema dell’indipendenza femminile è un tema forte, è stato rilevato che in Italia 3 donne su 10 che lavorano non hanno un conto in banca e al sud la situazione peggiora drasticamente, con una donna su due che non è autonoma economicamente e dipende totalmente dal proprio partner. Un monitoraggio dell’Inps pubblicato il 12 novembre 2021 dice che le lavoratrici italiane guadagnano in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Questo evidenzia il prezzo pagato dalle donne in un periodo di crisi sanitaria, sociale ed economica. Una donna non autosufficiente non solo è una donna infelice ma è anche una donna che ha più difficoltà a staccarsi da relazioni di abuso e violenza. L’indipendenza economica è la prima garanzia di libertà individuale e di sviluppo personale. D’altra parte, a minare l’indipendenza femminile oltre all’economia c’è anche l’assistenza, come si diceva il carico di cura familiare (gestione dei bambini, malati, anziani) è quasi completamente sulle donne. In alcuni paesi le donne con bambini sotto i 5 anni non lavorano per mancanza di nidi. Questo problema evidenzia l’annoso dilemma della conciliazione e da qui nasce la sfida a costruire un futuro maggiormente sostenibile e meno limitato da stereotipi.